Ermal Alibali

ERMAL ALIBALI

Il self-made man: un mito da sfatare

Il self-made man è una figura che incarna il sogno di chi vuole raggiungere il successo partendo dal nulla, senza l’aiuto di nessuno. Si tratta di un modello culturale molto diffuso in America e nei paesi anglosassoni, che esalta il valore dell’impegno personale, della forza di volontà e della determinazione. Ma il self-made man esiste davvero? O è solo un’illusione che nasconde una realtà più complessa e sfumata?

 

Le origini del self-made man

Il concetto di self-made man nasce negli Stati Uniti nel XIX secolo, in un contesto storico caratterizzato dalla frontiera, dall’espansione territoriale e dallo sviluppo industriale. In questo scenario, molti uomini provenienti da ambienti umili o emigrati da altri paesi riuscirono a costruirsi una fortuna e una reputazione grazie al loro talento, alla loro intraprendenza e alla loro capacità di adattarsi alle sfide. Alcuni esempi famosi sono Benjamin Franklin, Abraham Lincoln, Andrew Carnegie e Henry Ford.

Il self-made man diventa così un simbolo del sogno americano, ovvero la possibilità di realizzare i propri obiettivi indipendentemente dalla propria origine sociale, economica o etnica. Si tratta di un’idea che esercita un forte fascino anche in altri paesi, come l’Italia, dove la cultura del merito e dell’autonomia è spesso contrapposta a quella del privilegio e dell’assistenzialismo.

 

Le critiche al self-made man

Tuttavia, il self-made man è anche oggetto di numerose critiche, che ne mettono in discussione la validità e la veridicità. Alcune di queste critiche sono:

  • Il self-made man ignora il ruolo della fortuna, delle circostanze e delle opportunità nel determinare il successo o il fallimento di una persona. Non tutti hanno le stesse possibilità di partenza, né le stesse condizioni di vita, né le stesse risorse a disposizione. Il successo dipende anche da fattori esterni, come il contesto storico, politico, economico e sociale, che possono favorire o ostacolare il raggiungimento degli obiettivi.
  • Il self-made man nega l’importanza delle relazioni, della cooperazione e della solidarietà nel percorso di crescita personale e professionale. Nessuno si fa da sé, ma si appoggia sempre su una rete di persone che lo sostengono, lo aiutano, lo ispirano, lo sfidano, lo stimolano. Il successo è anche il frutto di una condivisione di valori, di una collaborazione di competenze, di una sinergia di interessi.
  • Il self-made man promuove una visione individualista, competitiva e narcisista della società, in cui il bene comune è sacrificato a quello personale, in cui il successo è misurato solo in termini materiali e in cui il fallimento è stigmatizzato come una colpa o una vergogna. Questa visione può generare ansia, depressione, isolamento e violenza, oltre che aumentare le disuguaglianze e le ingiustizie sociali.

 

Sostengo che alcune di queste considerazioni, nell’era della digitalizzazione globale, possono essere facilmente rivalutate anche con un accezione positiva, non solo critica.

Una nuova prospettiva sul self-made man

Di fronte a queste critiche, è necessario rivedere il concetto di self-made man, superando la sua accezione più superficiale e stereotipata. Invece di negare o esaltare il self-made man, si può cercare di reinterpretarlo in una chiave più equilibrata e realistica, che tenga conto di tutti gli elementi che influenzano il percorso di una persona. In questo senso, si può parlare di un self-made man:

  • Consapevole, che riconosce il ruolo della fortuna, delle circostanze e delle opportunità nel suo successo, ma che non si arrende al fatalismo o al determinismo, e cerca di sfruttare al meglio le sue potenzialità e le sue risorse.
  • Relazionale, che apprezza l’importanza delle relazioni, della cooperazione e della solidarietà nel suo percorso, ma che non si affida passivamente o acriticamente agli altri, e cerca di contribuire attivamente e responsabilmente al bene comune.
  • Umano, che promuove una visione integrata, armonica e sostenibile della società, in cui il successo è misurato anche in termini di qualità della vita, di felicità e di benessere, e in cui il fallimento è accettato come un’opportunità di apprendimento e di crescita.

 

Conclusione

In conclusione, il self-made man non è un mito da sfatare, ma da rinnovare, in modo da renderlo più aderente alla realtà e più utile alla società che oggi viviamo. Nell’era della possibilità di guadagnare o creare un business semplicemente impugnando un cellulare o avendo a disposizione un pc, il mito del self-made man è più presente rispetto al passato.

 

Ogni giorno sentiamo storie di persone, sopratutto della gen Z, che grazie al mondo digitale si è potuto realizzare, ha raggiunto i propri obiettivi di vita ed economici. 

E tu cosa ne pensi? Il self-made man è rimasto un mito o è ancora vivo nel mondo odierno?

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